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Astrofili - parte 1 - Giuseppe Bartolotti, il percorso di una vita
- Roberto Baldini
- Storie Astronomiche
- 9 Settembre 2024
PREMESSA
(Gli astrofili lughesi e Antares : eredità e affinità)
La fantasia di un bambino può essere stimolata facilmente ma esistono persone che mantengono viva in loro la curiosità tipica di un bambino per tutta la vita realizzando cose, imprese e avventure grazie alla passione che le anima e quando il caso riesce a fare incontrare questi personaggi avvengono cose che fino a quel momento nessuno avrebbe mai immaginato.
Le generazioni di astrofili nel corso del tempo hanno vissuto situazioni diverse ma la passione che le anima è un elemento che le accomuna in modo indissolubile.
Quando nel 1982 fondammo il Gruppo Astrofili Antares, avevamo in molti avuto come ispirazione la cupola dell’osservatorio astronomico posta sulla cima dell’edificio del Liceo Scientifico G.R.Curbastro di Lugo e l’aver vissuto, seppur bambini, gli anni della conquista della Luna che tanto slancio avevano dato alla tecnologia mondiale a tal punto da far pensare di essere entrati rapidamente “nel futuro” dipinto in modo sempre più realistico dagli autori di fantascienza e dalla cinematografia degli effetti speciali.
Nessuno di noi era al corrente dell’esistenza di un gruppo di astrofili che ci aveva preceduto sul territorio ma l’informazione ci raggiunse rapidamente non appena si propagò la notizia della costituzione del nostro gruppo.
Grazie al consiglio di alcuni “illuminati” insegnanti delle scuole superiori di Lugo, eravamo stati spinti ad uscire dall’isolamento personale nel quale coltivavamo la “strana” passione per la fantascienza e l’astronomia, convinti ognuno nella propria testa che si trattasse di interessi che accomunassero ben poche persone.
Ma la presenza di quella cupola sopra il Liceo scientifico non era “casuale” e la sua origine aveva motivazioni ben più interessanti e profonde di quanto ci si potesse immaginare.
Infatti era solo l’ultima realizzazione di una serie eccezionale di strumenti di grandi dimensioni iniziata negli anni ’60 che vide Lugo assumere il ruolo di “capitale dei telescopi amatoriali” in quanto città con la più elevata presenza di strumenti di grandi dimensioni in possesso di “non professionisti” !
La presenza in quel di Faenza di una figura di spicco come l’astronomo Giovan Battista Lacchini, era sicuramente uno stimolo ulteriore per coloro che realizzarono tutti questi telescopi.
Ma di chi stiamo parlando?
Beh, stiamo parlando dell’Avv. Bartolotti, del Cav. Tampieri e del Sig. Minardi ai quali si unirono in breve tempo il Prof. Roccati, il Prof.Dalla Valle e il preside del Liceo di Lugo Giulio Costa.
Questi entusiasti e “visionari” professionisti, pubblicamente impegnati a vari livelli nel contesto lughese, sognavano di esplorare l’infinito e si prodigavano nel reperimento di ogni possibile dispositivo, ingranaggio, “aggeggio” di recupero dai cimiteri di mezzi militari della II^guerra mondiale che potesse venire utile per realizzare uno strumento o anche solo ne avesse la parvenza e se ne potessero trarre esperimenti.
E quell’entusiasmo partorì un telescopio newton-cassegrain da 250 mm a casa TAMPIERI, un telescopio da 310 mm a casa MINARDI e un altro telescopio da ben 360 mm a casa BARTOLOTTI dove, per ospitarlo, non si badò a spese e si realizzò anche una vera e propria specola dotata di cupola sul tetto dell’abitazione in pieno centro di Lugo.
Come riporta un articolo di giornale gelosamente custodito dal Cav. Tampieri e lasciato in eredità al nostro gruppo, Lugo era diventata famosa per la concentrazione di strumenti e per la passione dei loro proprietari che non perdevano occasione per partecipare a convegni e associazioni di appassionati e di professionisti in tutta Italia. A ricordo e commemorazione di questi nostri stimati e compianti predecessori dell’astrofilia lughese sono stati redatti alcuni libri che contengono storie, aneddoti e situazioni che li rendono particolarmente vicini a noi.
Vi propongo quindi la lettura dei capitoli relativi alla loro predilezione per l’astronomia e alla condivisione della stessa tra questi personaggi che hanno lasciato segni indelebili del loro impegno e delle loro passioni.
Il primo è dedicato all’Avv. Giuseppe Bartolotti, che non ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere in vita ma al quale mi sento comunque particolarmente legato per tutta la lunga serie di vicissitudini che mi ha portato a conoscere la preziosa figlia, Prof.ssa Claudia Bartolotti ed il fratello Avv. Angelo Bartolotti.
Il capitolo coinvolge tutto il gruppo di astrofili lughesi, come ovvio.
Va detto che il libro su Bartolotti, che ha vissuto un’esperienza di vita intensa e impegnativa, ufficiale di marina nel corso della seconda guerra mondiale e professionista in una realtà italiana che i nostri giorni moderni faticano a concepire e che invece servirebbe tenere sempre ben presente per comprendere appieno i risultati conseguiti, è ricco di molteplici contenuti ed è stato scritto con sapienza, tanto da catturare l’attenzione del lettore a tal modo che si fatica a sospenderne la lettura.
Dal Libro “Giuseppe Bartolotti, il percorso di una vita” di D.Filippi Edit Faenza – 2004
LA PASSIONE PER L’ASTRONOMIA
Negli anni della maturità, pur tra i suoi innumerevoli impegni, l’avv. Giuseppe Bartolotti coltivò una vera passione per l’astronomia, giungendo a realizzare, sopra l’ultimo piano della sua casa di Corso Matteotti, nel centro di Lugo, una torretta in muratura con un osservatorio dotato di un telescopio di notevole potenza.
Il suo amore per il cielo e per le stelle era nato tanti anni prima, quando, giovane allievo ufficiale dell’Accademia Navale di Livorno, aveva appreso nozioni di astronomia, considerata a quell’epoca, in mancanza di satelliti e di computer, scienza imprescindibile per navigare sui mari. L’interesse per quella disciplina non lo abbandonò mai più e lo spinse perfino, a metà degli anni ’60, a sventrare letteralmente la sua abitazione, per installare alcune colonne di cemento armato, che attraversavano la casa giungendo fino alle fondamenta, per reggere il peso di una torretta elevata di ben tre piani, su cui fu posta la cupola girevole per il telescopio.
Verso la fine degli anni ’50 si era costituito a Lugo un piccolo gruppo di astrofili, compagine di cui Bartolotti entrò a far parte dopo avere incontrato difficoltà nell’utilizzo di un cannocchiale a lente acquistato ad Amburgo: questo comune interesse per l’astronomia negli anni a venire sarebbe stato ulteriormente cementato dal desiderio dei singoli componenti del gruppo di realizzare ciascuno un telescopio. Oltre a Bartolotti, facevano parte di quel nucleo di amanti delle stelle Giulio Tampieri, Giovanni Roccati e Mario Minardi.
Prima di allora, i quattro si conoscevano, ma nulla sapevano della loro comune passione per l’astronomia: ognuno, infatti, spinto dalle proprie curiosità, coltivava in solitudine l’inte
resse per l’astronomia, faceva studi e si poneva problemi di cui ricercava la soluzione, traendo informazioni dalle medesime riviste specializzate.
All’epoca, Giulio Tampieri, funzionario di banca, possedeva già un telescopio a specchio di 24 cm di diametro, ma con qualche difetto di messa a punto.
Fu per risolvere questi problemi che incontrò ed instaurò un primo rapporto di intesa con Giovanni Roccati, insegnante di educazione fisica, e persona che, all’amore per l’astronomia univa anche doti di inventiva ed invidiabili capacità operative.
L’allargamento del gruppo con l’ingresso di Mario Minardi, allora informatore medico, avvenne poco dopo, quando quest’ultimo lesse sulla rivista ‘Coelum’ una lettera in cui Giulio Tampieri proponeva alcuni quesiti alla redazione.
A quel punto i tre iniziarono ad incontrarsi ed avviarono la progettazione di un telescopio, che Mario Minardi intendeva installare nella sua abitazione.
Il completamento del gruppo avvenne poco dopo, quando Giuseppe Bartolotti, causa i problemi riscontrati nell’utilizzo del suo cannocchiale, si rivolse a Roccati per ricevere gli aiuti del caso e apprese dell’esistenza di questo nucleo lughese di astrofili.
Dal riunirsi in gruppo, ognuno dei componenti trasse nuove energie, nuovi stimoli e rinnovato entusiasmo per ampliare le proprie conoscenze astronomiche: i loro incontri, prevalentemente serali, a casa di Bartolotti, divennero frequenti.
Questa comune passione si concretizzò inoltre stabilendo rapporti di collaborazione e scambi di idee e di esperienze con altri gruppi di Astrofili.
La passione per l’astronomia era un interesse coltivato con grande assiduità ed impegno dai componenti del nucleo lughese che, dopo essersi iscritti alla Associazione Nazionale degli Astrofili ed alla Società Astronomica Italiana, presero anche a frequentare in tutta Italia convegni e congressi che trattavano della materia.
Di quanto appreso in questi incontri, i quattro studiosi discutevano poi insieme nelle serate a casa di Bartolotti. A qualcuno degli incontri tenuti dal gruppo, venivano invitate anche altre persone, che, per la loro formazione culturale, si supponeva potessero nutrire interesse verso i temi dell’astronomia. Tra queste vi era anche Francesco Dalla Valle, allora insegnante di Fisica al Liceo Scientifico ‘Gregorio Ricci Curbastro’ di Lugo. La sua partecipazione alle attività del gruppo fu abbastanza continua, in special modo nel periodo in cui molto tempo veniva dedicato alla risoluzione dei problemi che man mano sorgevano con il procedere dei lavori di costruzione della cupola e del telescopio di Bartolotti. Era quello il periodo in cui Bartolotti, pur fornendo, con il suo entusiasmo, efficacia e vigore all’operatività del gruppo, era ansioso di apprendere nuove conoscenze e si rammaricava di non aver potuto proseguire, in gioventù e con la stessa intensità di allora, gli studi iniziati ai tempi del suo servizio nella Marina Militare. Ma nonostante avesse una formazione prettamente umanistica, egli si sentiva fortemente attratto dalla scienza e, secondo le testimonianze dei suoi amici astrofili “si dimostrava capace e sapeva muoversi bene anche in quella disciplina”. Alla fine dell’impegnativo lavoro durato un paio d’anni (il biennio 66-’67), fu raggiunto il prezioso risultato di vedere un telescopio accuratamente installato sulla torretta, costruita appositamente insieme ad un’adeguata cupola per proteggerlo. Si trattava di un telescopio di tipo Newton-Cassegrain con lo specchio principale del diametro di 36 cm, costruito nella bottega-laboratorio di Marcon, artigiano di San Donà di Piave, che allora preparava i migliori specchi per telescopi a livello mondiale.
Con tale strumentazione di elevata qualità, Bartolotti aveva raggiunto la favorevole condizione di poter disporre di un’apparecchiatura dotata di capacità assai più ampie di quelle che per lungo tempo aveva ardentemente sognato. Si trattò della realizzazione di un sogno che comportò per Bartolotti anche una notevole spesa, considerata la complessità dell’intervento che l’abitazione dovette subire per ospitare il telescopio. Ma, per quanto Bartolotti fosse una persona estremamente sobria e oculata nella vita di tutti i giorni e assolutamente detestasse sperperare denaro in cose futili o inutili, quando si trattava di dar seguito ad un interesse che poteva indifferentemente spaziare dalla scienza all’arte era pronto ad affrontare qualsiasi sacrificio economico.
Al termine dell’installazione e della messa a punto del telescopio, apparve immediatamente chiara a Bartolotti e a tutti gli altri componenti del gruppo di astrofili lughese la necessità di fare un uso appropriato di quell’eccezionale strumento. Fu quindi intrapreso lo studio delle varie possibilità di applicazione offerte dal telescopio e vennero formulate e analizzate con cura varie ipotesi. Si consultarono altri gruppi astrofili per ottenere informazioni sulle loro esperienze, per avere nuove idee e per stabilire intese e collaborazioni. Al termine di un lavoro impegnativo e abbastanza lungo, fu deciso di iniziare con l’osservazione e lo studio dei pianeti e di stelle variabili, senza trascurare l’osservazione di fenomeni interessanti e occasionali come ad esempio le occultazioni (passaggi di pianeti – Venere e Mercurio – davanti al Sole o di corpi celesti dietro alla Luna o ai pianeti).
Le attività iniziarono in modo sistematico, a volte anche con la partecipazione di appartenenti ad altri gruppi astrofili, attratte dal desiderio di poter utilizzare uno strumento non usuale nell’ambito dell’astronomia amatoriale.
Nello stesso periodo apparve all’orizzonte la possibilità di costruire un telescopio ancora più potente da installare presso il Liceo scientifico di Lugo. L’ultima parte dell’edificio, infatti, voluta con forza dal preside Giulio Costa, era dotata di una struttura idonea all’installazione di un osservatorio astronomico. Dalla Valle, che era al corrente di questo, favorì l’incontro degli astrofili con il preside, e bastò assai poco per giungere ad un accordo di piena soddisfazione per entrambe le parti.
Si trattava della costruzione di un telescopio di 45 cm di diametro e della relativa cupola.
Per gli astrofili era un nuovo ed ambizioso traguardo e per Costa ciò che di meglio potesse capitargli: la possibilità di realizzare subito l’osservatorio, con l’intervento di persone già esperte ed evitando il lungo iter burocratico, dalle conclusioni incerte, tipico degli organi istituzionali.
Ebbe quindi inizio una nuova fase di intenso ed impegnato lavoro di progettazione: le riunioni, sempre con la presenza del gruppo di astrofili al completo, e del preside Costa, si svolgevano la sera, più volte alla settimana, nell’officina del Liceo scientifico.
Tutto continuò con lo stesso ritmo e lo stesso impegno anche quando si passò dalla fase di progettazione a quella operativa del lavoro della costruzione del telescopio e della cupola. Il lavoro, totalmente realizzato nell’officina del liceo, durò assai più di un anno ma il risultato, appagante e di qualità, fu l’osservatorio astronomico, tuttora ben visibile ed attivo sul tetto dell’edificio del Liceo scientifico di Lugo.
Visto con gli occhi di oggi, al gruppo di astrofili degli anni ’60, vanno riconosciuti almeno due grandi meriti: quello di aver gettato il seme per diffondere l’amore e l’interesse per l’astronomia, e quello di aver realizzato, con un lavoro d’insieme, coordinato e armonico nell’utilizzazione delle capacità, delle esperienze, dei talenti e delle energie di ognuno, una strumentazione idonea ad effettuare osservazioni capaci di raccogliere dati sufficienti ad eseguire uno studio, serio e corretto, dei corpi celesti.
Il seme di quest’esperienza è stato raccolto da un gruppo di giovani, che ad essi si sono raccordati con continuità, e che, all’inizio degli anni ’80 si organizzarono nel Gruppo di Astrofili ‘Antares’.
Il gruppo, che tuttora è pienamente operativo nel nostro comprensorio, iniziò la sua attività utilizzando proprio l’osservatorio del Liceo scientifico di Lugo, e soltanto quando l’inquinamento luminoso ne rese sempre meno apprezzabili i risultati, fu costretto a ricercare altri siti in cui realizzare le osservazioni dei corpi celesti.
Il risultato della ricerca è stato ottimo e si è concretizzato nell’Osservatorio Astronomico di Monteromano, nel comune di Brisighella. L’intera struttura, che è stata costruita da alcuni soci del gruppo proprio per il telescopio donato dalla famiglia Bartolotti, operando con uno stile assai simile a quello dei loro predecessori, è in funzione da alcuni anni ed è aperta anche a scolaresche e al pubblico.
Il dott. Enrico Montanari, che tenne il discorso di inaugurazione dell’Osservatorio di Monteromano, ebbe parole di gratitudine e di ammirazione per il primo e originario gruppo degli astrofili lughesi come emerge da alcuni passi del suo intervento:
“M13 è un ammasso globulare che si trova esternamente alla nostra galassia con stelle molto vecchie che brillano da più di 10 miliardi di anni. Questo sarà il primo oggetto celeste osservato dal telescopio della donazione Bartolotti. Questo telescopio, dallo specchio principale del diametro di 36 cm, ha quindi radici profonde, radici che hanno tratto linfa dall’entusiasmo, dalla passione e dalla competenza di alcuni pionieri dell’Astronomia Lughese. L’avvocato Giuseppe Bartolotti appunto e il Professor Giovanni Roccati, entrambi scomparsi prematuramente e da noi tutti fortemente rimpianti; ma anche Mario Minardi, il cavalier Giulio Tampieri, ed il professor Francesco Dalla Valle, questi ultimi due, oggi qui presenti. Trent’anni fa questi uomini costruirono telescopi tra i più grandi allora installati in Italia, strumenti ancor oggi validissimi e che hanno bisogno per funzionare solamente del cielo buio e limpido. Ed è per questo che Monteromano diventa un simbolo: Monteromano rappresenta un baluardo a difesa della memoria della nostra Via Lattea, compagna delle notti degli uomini per migliaia di anni, ma ormai dimenticata nelle nostre troppo luminose città”.
La continuità del gruppo ‘Antares’ con il gruppo di astrofili lughesi degli anni ’60, è palesemente tangibile, quindi, non solo nel telescopio installato nella cupola dell’Osservatorio di Monteromano, ma anche nella passione che anima, oggi come allora, gli appassionati di astronomia lughesi.
Il professor Francesco Dalla Valle, che aveva contribuito alla realizzazione del telescopio del Liceo scientifico, partecipando inoltre a diversi incontri del gruppo di astrofili lughese, stimava molto Bartolotti, La loro conoscenza risaliva a tanti anni prima, ovvero alla metà degli anni ’30, quando, per l’intervento di una signora, in amicizia con le famiglie di entrambi, furono stabiliti i loro primi contatti.
“Avevo terminato, a S. Lorenzo di Lugo, le scuole elementari – ricorda Dalla Valle – e nessuno, in casa mia, aveva mai previsto la mia prosecuzione degli studi. Ma, durante l’estate, una signora amica di famiglia, che aveva abitato a lungo in città e parlava sempre in italiano anziché in dialetto come si usava allora, riusci a convincere i miei famigliari ai farmi proseguire gli studi presso la scuola di Avviamento Professionale, anche rassicurandoli d’avere già trovato a Lugo, un serio punto di riferimento e appoggio, nella famiglia Bartolotti, che
si era resa disponibile a prestarmi le attenzioni del caso: la possibilità di lasciare in un luogo sicuro la bicicletta, la possibilità di consumare, a tavola, il pranzo, che mi portavo da casa, nei giorni in cui la scuola continuava nel pomeriggio e la possibilità di essere ospitato nei rarissimi casi in cui il maltempo avesse reso impossibile il mio ritorno a casa.
Fu così che, nel successivo ottobre, iniziai a frequentare la scuola di Avviamento e, per i tre anni della sua durata, continuai a frequentare l’abitazione dei Bartolotti, sita in corso Garibaldi, a pochi passi dalla scuola, al piano terra di un edificio severo e raffinato, che, a me che vivevo in campagna, in una vecchia casa, piuttosto malridotta e angusta, dove dormivamo in quattro in una stanza, provocava sempre forti sensazioni di ammirato stupore. E la stessa sensazione provavo nel vedere l’amplissima entrata, le camere spaziose, i mobili, la
cucina con le vetrine, che mettevano in mostra le brocche decorate ed altri oggetti luccicanti, i pavimenti lucidi, i quadri appesi alle pareti della casa.
Fui sempre accolto con cordiale affettuosità e con accurata attenzione fui messo sempre a mio agio. Ho un bel ricordo di quel periodo.
I due coniugi Lino e Lina, vivevano la loro quotidianità in un’armonica normalità, finalizzata anche a dare al loro figlio, ‘Peppino’, tutto ciò che poteva rendergli la vita migliore. Si vedeva che stavano bene insieme, che si capivano. Lei non era romagnola, quindi parlavano sempre italiano; ciò, però, non mi stupiva anche se a S. Lorenzo ed a casa mia si parlava solo il dialetto. Fu cosi che, quando iniziai a frequentare la prima classe della scuola di Avviamento, conobbi Giuseppe Bartolotti. Lui frequentava, a Lugo, la quarta ginnasio: studiava materie importanti, come il latino ed il greco, che a me apparivano difficili e affrontabili soltanto da ‘un ragazzo di città’, di certo, non da noi di campagna, che parlavamo sempre in dialetto.
Egli, inoltre, suonava il violino: per me era una cosa eccezionale, che ne dilatava l’immagine di superiorità. Quando, però, in cortile o in qualche altro luogo, facevamo qualcosa insieme, era un ragazzo non diverso da molti altri che conoscevo: amava ridere, era cordiale, semplice e per nulla borioso. Di lui e della sua famiglia mi è sempre restato un caro ricordo, anche quando, terminata la scuola, ci perdemmo di vista per molti anni, come capita spesso nella vita. Ci ritrovammo quasi per caso, all’uscita di un cinema dopo aver assistito alla proiezione di un film riguardante la scienza e l’astronomia. Facemmo qualche commento e scoprii, con felice stupore, il suo interesse per i temi astronomici e scientifici. Questo interesse ci riavvicinò e fu per questo che entrai nel giro delle attività svolte dagli astrofili lughesi degli anni ’60.
La frequentazione ci consentì di conoscerci e di stabilire un rapporto amichevole. Di lui, posso dire che era un uomo onesto, di temperamento forte e deciso nell’affrontare le difficoltà a viso aperto e che era estremamente rispettoso delle persone che lo meritavano. Sono rari gli uomini che, come lui, hanno avuto la capacità di assumersi la responsabilità e il coraggio di affrontare problemi anche molto scottanti o di portare avanti progetti ambiziosi e difficili. Anche a Modena, quando andai a fargli visita nell’ospedale in cui era ricoverato dopo l’intervento affrontato nel tentativo di sconfiggere il suo male, pur nella piena consapevolezza della gravità del suo stato, era sempre lui, la stessa forza d’animo e la stessa tempra di chi non si arrende mai”.
L’amore per la scienza accompagnò l’avv. Bartolotti per tutta la vita. Negli anni ’70, quando era presidente della Cassa di Risparmio di Lugo, donò al Liceo Scientifico lughese il primo computer di cui la scuola fu dotata. Si trattava di una delle macchine più pregevoli allora esistenti, anche se a quell’epoca non tutti erano convinti dell’importanza che avrebbero assunto i computer negli anni a venire. Bartolotti, malgrado non avesse competenze specifiche in questo campo, ebbe invece il merito di comprendere, con lungimiranza, le straordinarie possibilità che avrebbe offerto l’informatica. Attualmente [ 2004 NdR] il Liceo scientifico di Lugo dispone di tre laboratori informatici, ognuno dei quali è dotato di una trentina di computer.
Con lo stesso spirito, negli ultimi tempi della sua presidenza, dispose lo stanziamento annuo di una somma, per quei tempi rilevante, da destinarsi all’Associazione per l’insegnamento della Fisica al fine di indire il Premio Nazionale ‘Cesare Bonacini’.
Questo concorso, bandito su temi assegnati di Fisica, era rivolto a tutti gli studenti delle scuole secondarie italiane e si proponeva si sensibilizzare e motivare gli studenti verso gli studi scientifici, impostati e sostenuti da una solida attività sperimentale.
Roberto Baldini
Socio fondatore, divulgatore
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